Questo tema già era stato un po’ trattato in quest’altro articolo del blog l’anno scorso…ci riguardo ora, ed è quasi incredibile scoprire come sia stato proprio lo stesso giorno, infatti, quello che sto per scrivere adesso l’ho buttato giù sulla carta proprio ieri…che strano, l’ho notato adesso! Si vede che il 18 di novembre mi ispira “silenzio”…
Il silenzio, a parte essere un gioco per bambini ideato per farli stare più tranquilli e composti, e una canzone triste che viene eseguita durante le cerimonie ufficiali per la morte di qualcuno, che cos’è? Dove lo troviamo?
Il silenzio fa parte della realtà esterna e interna di ognuno: ci sono, infatti, momenti in cui tutto tace nella vita di ciascuno tutti i giorni, delle pause dove non si odono e non si producono suoni, fragori, parole, frastuoni ecc. il silenzio è una dimensione che permette di ritirarci in noi, è il sottofondo dei nostri pensieri, perchè la mente pensa, lavora, si dibatte in mille attività e coordinamenti in continuazione, ma silenziosamente, infatti, i pensieri e la materia grigia del nostro cervello non producono nessun rumore, nessun suono né sibilo, solo silenzio.
Il silenzio, ovviamente, quando è continuo è terribile, penso per esempio ai sordomuti, a coloro che non hanno la possibilità di sentire né di emettere nessun tipo di anti-silenzio, che vivono isolati dalla realtà sonora in ogni attimo e che non possono percepire e scoprire la differenza di ciascun rumore: il timbro diverso di ogni voce, il verso caratteristico delle varie specie animali, il suono degli strumenti, della musica, il rumore tipico degli oggetti, quello di un regalo che viene scartato, di una penna che scorre su un foglio, dei piedi che si appoggiano sulla strada per camminare, degli utensili da cucina con cui si prepara una torta, del vento che soffia, del campanello di casa che trilla quando qualcuno passa a trovare, delle campane che suonano a festa, delle ruote di una bicicletta che si muove, ma anche dei tuoni, dei dolori e dei pianti, dei singhiozzi, delle porte che sbattono, dei vetri che si rompono…di nulla. Vivere in una realtà impregnata di silenzio, di sicuro non deve essere una cosa piacevole. Ma anche vivere nell’opposto, in un mondo privo di silenzio lo è… ci sarebbe da perdere il senno se non esistesse nessuna tregua per l’udito, se fossimo bombardati da rumori di ogni sorta continuamente.
In realtà, come nella musica è il silenzio fra le note che ci fa percepire la melodia, così, anche per tutto quello che udiamo è il silenzio che circonda quei rumori che ce li fa cogliere e che dà loro un senso. Se ogni suono, ogni parola, ogni rombo fosse ripetuto di continuo senza pause, senza stacchi non riusciremmo neanche a capire di cosa si tratterebbe, sarebbe un frastuono, un fracasso perenne e fastidioso.
Il silenzio ha un suo significato perciò, ed è qualcosa che ci aiuta a capire meglio la dimensione rumorosa che ci circonda, in cui ci troviamo immersi, e ci aiuta anche a metterci in contatto con la nostra parte più profonda.
Spesso, infatti, per connetterci con noi stessi, per pensare, per capire quello che concepiamo, che proviamo, che sentiamo, per ascoltarci meglio, abbiamo bisogno di un po’ di silenzio, di trovarci in compagnia di noi stessi e del nostro bagaglio da svuotare e da decodificare.
E quando il silenzio si riceve dagli altri o si dà a loro, come sarà giusto interpretarlo?
Il detto dice “chi tace acconsente”, ma acconsente cosa? Non tutti i silenzi rimangono sospesi su un sì o su un no, non sempre ci sono domande, richieste più o meno espresse, qualche volta sì, ma non è detto. A volte diamo o raccogliamo silenzi che rappresentano pause, perchè magari si è presi e impegnati da mille cose che neanche ci accorgiamo del silenzio che aleggia, altre volte è un momento preso per riflettere, altre ancora è imbarazzo, altre è fuga, altre è l’anticipo o il preavviso di una ricomparsa, altre è rabbia, rancore, vendetta, fastidio, confusione o nel peggiore dei casi, indifferenza, altre è, invece, l’inizio di una partenza, di un congedo, di un andarsene da qualcuno o da qualche posto per non farvi più ritorno.
Perciò ogni silenzio, a suo modo, ha un significato più o meno celato, un messaggio intrinseco, anche se, spesso, non si sa quale sia fino in fondo, a meno che non venga rotto per fornire la sua spiegazione.
Il silenzio fa parte della vita e della morte; infatti è la dimensione che accompagna il termine della vita di qualcuno alla sua destinazione finale. Chi muore si ritrova nel silenzio completo, mentre la vita che continua a scorrergli intorno vive nei rumori che la morte porta con sé: lacrime, pianti, preghiere, ricordi, parole di conforto… Il silenzio accompagna l’anima verso il suo luogo, e contribuisce a far comprendere il senso dell’intera vita vissuta. Da una parte ho letto che nei primi minuti in cui uno è morto il cervello continua la sua attività cerebrale ripercorrendo l’intera esistenza, quindi è necessario del silenzio, e molto, per scorrere tutta una vita e la sua colonna sonora di rumori, una pausa che permetta all’anima di raccogliere in sé le esperienze della vita terrena prima di essere accolta da quella spirituale della quale torna a fare parte.